In un clima di rinnovato interesse per le vicende storiche e artistiche degli anni ’70, il Padiglione delle arti di Marcon dedica un’ampia rassegna alla Pittura Analitica. Essa ha rivestito una grande importanza in ambito internazionale, ricoprendo una parte attiva nel dibattito contemporaneo circa il ruolo dell’arte e dell’artista, ed italiano, dove ha apportato un ampio contributo in uno scenario già di grande vivacità e controversia. La Pittura analitica, nonostante il respiro internazionale non può essere definita un vero e proprio movimento, né i suoi rappresentati si sono mai riuniti in gruppi, essa è piuttosto una ramificazione del grande fiume di quella pittura che dal finire degli anni ’50 si ribellava tanto all’astrazione simbolica, quanto all’esternazione del sé artistico tipica dell’Informale ed infine, in particolare in Italia, al realismo di matrice politica. Inoltre, badando soprattutto al caso italiano, gli anni seguenti al ’68 avevano apportato nel mondo dell’arte uno scompiglio tale da evocare la necessità di ridefinire la specificità dell’arte e le responsabilità dell’artista.
La Pittura analitica raccoglie tutte queste istanze e va al cuore del problema: il suo scopo è quello di ricomprendere la natura dell’arte, dalle fondamenta del fare pittorico. La tela, il telaio, il pennello, i pigmenti ritornano ad essere protagonisti della pittura che viene analizzata come un linguaggio di cui si devono ristabilire grammatica e sintassi. Si riparte, dunque da questi strumenti che vanno a definire elementi minimi e alla pittura ci si riaccosta con delicatezza andando a scoprirne le origini causali e pragmatiche piuttosto che storiche. L’io dell’artista è messo a tacere, mentre prevale ampiamente la teorizzazione, che in alcuni casi, basti citare Cacciola, Cotani e Zappettini, sfocia nell’articolata disamina delle fasi processuali dell’opera. Il titolo della mostra: Pittura come pittura, non solo riprende una frase di Carlo Giulio Argan, ma anche vuole sottolineare l’intento dell’artista di salvaguardare la pratica pittorica e di privilegiare l’atto del dipingere, mettendo in atto una purificazione iconico-rappresentativa ed un processo di smaterializzazione dell’arte fino ai materiali primi della pittura.
La mostra punterà ad illustrare le diverse risposte degli artisti alle necessità e ai quesiti, di cui detto, evidenziando le peculiarità di ognuno.
Saranno presenti le tele sperimentali di Cecchini, realizzate in tela di canapa e grafite, le incantevoli distese di Battaglia, le tele libere di Griffa, le calibrate cromie di Gastini, le luminose tele di Olivieri, le scarne superfici di Zappettini, le geometrie di Rajlich, le grammature su lavagna di Marchegiani e l’opera di molti altri artisti che hanno partecipato a quel “bisogno di pittura” che ha segnato l’arte degli anni ‘70.
La mostra sarà accompagnata dalla presentazione di un video documentario e di un catalogo.
Il Padiglione delle Arti, inoltre, tiene a ricordare il successo del- la mostra Antologica Dinamica dedicata al maestro Franco Costalonga e anticipa che il suo staff sta già lavorando ad una mostra riguardante il Movimento Zero, che inaugurerà il prossimo autunno.